Reati contro la pubblica amministrazione: assolti sindaci e imprese agricole dai reati di abuso di ufficio, malversazione e truffa.

Reati contro la pubblica amministrazione: assolti sindaci e imprese agricole dai reati di abuso di ufficio, malversazione e truffa.

Lo Studio Legale Pellerino, con l’Avv. Mariagrazia Pellerino e l’Avv. Daniela Altare, ha assistito un ex Sindaco e un’impresa agricola accusati di aver commesso, tra gli altri, dei reati contro la pubblica amministrazione: malversazione, truffa aggravata, abuso d’ufficio e falsità in atti erano, infatti, i reati contestati, a vario titolo, agli imputati.

Nello specifico, tali fatti venivano contestati agli ex Sindaci che, tramite delibere comunali e contratti di affitto avevano concesso ad uso pascolo i terreni comunali, e ai titolari delle aziende agricole, beneficiari di quei terreni, che avevano richiesto e ottenuto, con riferimento agli stessi, i premi comunitari.

La sentenza che qui oggi si commenta chiarisce un principio di carattere generale determinante l’insussistenza di uno dei reati contro la P.A., ossia il reato di Malversazione, contestato alle imprese agricole percettrici dei premi comunitari previsti dalla P.A.C.

Reati contro la P.A.: nessuna malversazione nel caso in cui l’agricoltore utilizzi i premi P.A.C. per finalità diverse da quelle agricole.

Nello specifico, i Giudici hanno rilevato che i contributi PAC sono svincolati dalla specifica attività svolta sui terreni a disposizione dell'azienda.

E ancora viene precisato che “Per l'ammissibilità della domanda degli aiuti comunitari è necessario che:

  1. Ci sia un valido titolo giuridico di occupazione delle aree foraggere (locazione, comodato);
  2. Il terreno sia eleggibile, cioè utilizzabile, e venga in concreto pascolato.

In presenza di tali presupposti, insorge il diritto al premio, senza necessità di ulteriori verifiche.”

Di conseguenza, è irrilevante l’utilizzo cui l’agricoltore destina i contributi agricoli comunitari non avendo gli stessi un vincolo di utilizzo predeterminato, non potendosi così integrare il reato di malversazione.

Alle medesime conclusioni era giunto il Tribunale Penale di Torino nella sentenza del 24 luglio 2020, emessa nell’ambito di un procedimento penale in cui lo Studio Legale Pellerino difendeva il titolare di un’azienda agricola parimenti percettore di premi P.A.C..

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Falsa attestazione: la non configurabilità del reato in caso di delibere comunali di concessione.

Procedendo con la disamina dei singoli capi della sentenza, veniva poi contestato agli amministratori locali di aver attestato falsamente, nelle delibere di concessione e nei contratti di affitto, la pascolabilità dei terreni.

I Giudici, condividendo le argomentazioni difensive, non hanno ravvisato il reato di falso nelle condotte tenute dagli amministratori locali poiché “dalla disamina del contenuto delle delibere comunali e dei contratti di affitto non si evince alcuna attestazione relativa alla pascolabilità dei terreni.” Ed infatti “le delibere del Consiglio Comunale di concessione in uso non potrebbero, per loro stessa natura, rivestire carattere attestativo, essendo atti amministrativi di tipo dispositivo.”

Ancora, era oggetto di imputazione a carico degli amministratori, il reato di abuso di ufficio per avere procurato, in violazione di legge, con le delibere suppostamente false, un ingiusto vantaggio ai privati, costituito dal percepimento dei contributi, oltre ad un ingiusto vantaggio all’Ente Pubblico, costituito dal percepimento del canone di concessione in uso.

Reati contro la P.A.: l’abuso d’ufficio contestato ai Sindaci nel caso di specie non sussiste.

Il Tribunale ha escluso la sussistenza del reato di abuso di ufficio contestato agli amministratori locali: in primis, a fronte dell’insussistenza della violazione di legge, derivante dall’assoluzione per il reato di falso; il Tribunale precisa inoltre che: ”quanto al percepimento da parte del Comune del canone di concessione o affitto, lo stesso non è idoneo a costituire evento del reato de quo, non trattandosi di ingiusto vantaggio privato; il canone di conduzione, lungi dall'essere contra legem, trova fondamento nella concessione in godimento del bene da parte di soggetto legittimato a disporne”.

Non vi è truffa nel caso di presentazione di domande (D.U.P.) di premi comunitari contenenti fatti non rispondenti al vero.

Quanto alla responsabilità dei titolari delle aziende agricole con riferimento al reato di Truffa aggravata ex art. 640 bis c.p., il Tribunale ha assolto gli imputati riqualificando giuridicamente il fatto oggetto di imputazione nel reato di cui all’articolo 2 della Legge 898/86.

Secondo i Giudici difettava nel caso di specie l’induzione in errore, elemento costitutivo del delitto di Truffa.

Come affermato dalla Cassazione (cfr. Sezioni Unite n. 16568 del 27.4.2007), ai fini del riconoscimento della determinazione del contributo comunitario è sufficiente la mera dichiarazione del soggetto interessato, senza la necessità di una contestuale verifica dei titoli legittimanti “(..) sicché in questi casi l'erogazione può non dipendere da una falsa rappresentazione dei suoi presupposti da parte dell'erogatore, che in realtà si rappresenta correttamente solo l'esistenza della formale dichiarazione del richiedente”.

Nel caso concreto, quindi, “non vi è stata induzione in errore di ARPEA, la quale si è rappresentata, correttamente, solo l'esistenza della formale dichiarazione dei richiedenti il contributo.”

Dunque, il caso di specie rientrerebbe nel campo di applicazione del meno grave reato di cui all’art. 316 ter c.p., ossia di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato.

Deve altresì rilevarsi che di tale fattispecie è norma speciale, con riferimento al tipo di contributo, l'art. 2 L. 898/86.

Soggetto offeso dal reato di cui all'art 2 di cui sopra non coincide con la Comunità Europea in generale, come nella fattispecie di cui all'art. 316 ter c.p., ma con l'ente FEOAG o FEARS.

Poiché secondo i Giudici tale ipotesi ricorreva nel caso di specie, i fatti contestati agli agricoltori sono stati diversamente qualificati ai sensi dell'art. 2 legge 898/1986.

Tuttavia, in sede di istruttoria è emerso che nelle particelle richieste a premio vi erano delle superfici erbose inframmezzate a rocce, boschi e pendenze che consentivano comunque il pascolo degli animali. Ne conseguiva l’impossibilità di escludere che quantomeno una porzione di esse fosse pascolabile e nei fatti fosse stata pascolata.

Sulla base di tali risultanze probatorie il Tribunale ha pronunciato sentenza assolutoria degli imputati percettori dei premi poiché il fatto non sussiste anche con riferimento all’imputazione di cui all’art. 2 L. 898/86.