ARTICOLO RIVISTA 231: "VIOLENZA E MOLESTIE SUI LUOGHI DI LAVORO DIVENTANO RISCHI DA VALUTARE E PREVENIRE NEL SISTEMA DI SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO"

ARTICOLO RIVISTA 231: "VIOLENZA E MOLESTIE SUI LUOGHI DI LAVORO DIVENTANO RISCHI DA VALUTARE E PREVENIRE NEL SISTEMA DI SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO"

Con la Legge n. 4 del 15 gennaio 2021 è stata ratificata la Convenzione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) sull’eliminazione della violenza e delle molestie sul luogo di lavoro.

La Convenzione, a cui la Legge dà esecuzione, prevede all’art. 5 che l’eliminazione della violenza e delle molestie nel mondo del lavoro avvenga attraverso la prevenzione e la protezione, cioè proprio attraverso quegli strumenti - la prevenzione e la protezione - che sono tipici dei sistemi di gestione della salute e sicurezza sul lavoro.

E’ il linguaggio e l’approccio del D.Lgs. 81/2008 che istituisce normativamente gli obiettivi della prevenzione e della protezione della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, obiettivi da perseguire attraverso la puntuale valutazione dei rischi, obbligo, quest’ultimo, indelegabile per il datore di lavoro.

In particolare l’art. 8 della Convenzione stabilisce che: “Ciascun membro dovrà assumere misure adeguate atte a prevenire la violenza e le molestie nel mondo del lavoro, ivi compreso:

(…)

  1. l’identificazione (…) dei settori o delle professioni e delle modalità di lavoro in cui i lavoratori e altri soggetti interessati risultino maggiormente più esposti alla violenza e alle molestie;
  2. l’adozione di misure che garantiscano una protezione efficace di tali soggetti”.

 

E ancora, in modo più preciso quanto agli obblighi del datore di lavoro, l’art. 9 recita: “Ciascun Stato membro dovrà adottare leggi e regolamenti che richiedano ai datori di lavoro di intraprendere misure adeguate e proporzionate al rispettivo livello di controllo in materia di prevenzione della violenza e delle molestie nel mondo del lavoro, ivi comprese la violenza e le molestie di genere, e in particolare, nella misura in cui sia ragionevolmente fattibile, attraverso quanto segue:

(…)

  1. l’inclusione della violenza e delle molestie, come pure dei rischi psicosociali correlati, nella gestione della salute e sicurezza sul lavoro;
  2. l’identificazione dei pericoli e la valutazione dei rischi relativi alla violenza e alle molestie, con la partecipazione dei lavoratori e dei rispettivi rappresentanti, e l’adozione di misure per prevenirli e tenerli sotto controllo;
  3. l’erogazione di informazioni e formazione ai lavoratori (…) in merito ai pericoli e ai rischi identificati di violenza e di molestie e alle relative misure di prevenzione e di protezione (…).

Dunque la violenza e le molestie, anche di genere, sul luogo di lavoro diventano un rischio che deve essere dapprima identificato e valutato e contro cui debbono poi essere previste misure di prevenzione e protezione, compresi gli interventi di formazione.

Quando la Convenzione entrerà in vigore, secondo i tempi stabiliti dall’art. 14, il rischio da violenza e molestie anche di genere dovrà avere un suo capitolo all’interno del Documento di Valutazione dei Rischi e dovranno essere indicate le idonee misure di prevenzione e protezione da tale rischio.

Insomma il Datore di lavoro e il RSPP dovranno trattare il rischio di violenza e molestie anche di genere esattamente come ogni altro rischio connesso all’ambiente di lavoro e gestirlo, prevedendo le adeguate tutele e anche l’informazione e la formazione in materia.

La mancata valutazione del rischio, come sappiamo, espone il datore di lavoro a responsabilità colposa in caso di infortunio sul lavoro e sarà interessante, dal punto di vista penalistico, comprendere a quale titolo soggettivo comportamenti dolosi di persone fisiche possano determinare una corresponsabilità del datore di lavoro che abbia omesso la valutazione del rischio o la predisposizione di adeguate forme di protezione.

Sicuramente si amplia il perimetro di responsabilità del datore di lavoro come posizione di garanzia rispetto ai rischi presenti nei luoghi di lavoro e alle possibili tutele.

Allo stato non è possibile dire se e attraverso quale percorso giuridico la violenza e le molestie sul luogo di lavoro possano diventare un infortunio sul lavoro, ci basti ricordare l’espressione utilizzata nel D.L. Cura Italia (art. 42 comma 2 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18) per portare il contagio da Covid-19 tra i casi di infortunio sul lavoro: “nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS-CoV-2) in occasione di lavoro”.

Ciò che è certo è che il rischio da violenza e molestie sul lavoro dovrà essere valutato e gestito come ogni altro rischio connesso al luogo di lavoro e la mancata valutazione di esso comporterà le sanzioni già oggi previste in generale per l’incompletezza del DVR dall’art. 55 del D.Lgs. 81/2008.

Parimenti, la non ottemperanza agli obblighi di formazione del personale soggiacerà alle pene stabilite dalla disposizione appena citata.

Resta aperto il tema delle conseguenze sanzionatorie per il datore di lavoro nel caso in cui la violenza e le molestie avvengano sul luogo di lavoro; di sicuro possiamo dire che la previsione del rischio nel DVR, la formazione e la predisposizione di misure di prevenzione e di protezione saranno le condizioni migliori per evitare la responsabilità quale posizione di garanzia.

La Convenzione all’art. 10 prevede che ogni Stato Membro dovrà adottare misure adeguate tra cui “introdurre sanzioni, se del caso, nei casi di violenza e di molestie nel mondo del lavoro” e anche garantire che “gli ispettorati del lavoro e le altre autorità competenti, a seconda dei casi, siano abilitati a trattare la violenza e le molestie nel mondo del lavoro, in particolare, ordinando l’adozione di misure immediatamente esecutive o l’interruzione dell’attività lavorativa nei casi di pericolo imminente per la vita, la salute e la sicurezza (…)”.

Da aggiungere, per quanto di specifico interesse per le lettrici e i lettori di Rivista 231, gli effetti di queste norme sul modello organizzativo e gestionale e sui compiti dell’Organismo di Vigilanza.

Come noto, l’art. 30 del D.Lgs. 81/2008 prevede che il Modello di organizzazione e gestione idoneo ad avere efficacia esimente della responsabilità amministrativa delle società e degli enti deve assicurare, tra gli altri adempimenti, le attività di valutazione dei rischi e di predisposizione delle misure di prevenzione e protezione conseguenti.

Così come per il datore di lavoro persona fisica, ai sensi del noto art. 16 del D.Lgs. 81/2008, l’obbligo di vigilanza che residua in capo al medesimo, anche dopo aver delegato la propria funzione, può essere assolto attraverso la efficace attuazione del Modello di cui all’art. 30 sopra citato.

Un interessante spazio di elaborazione giuridica e di attività di vigilanza si apre a fronte di una normativa sempre più attenta alla qualità dei luoghi di lavoro, anche in epoca di smart working.

 

Torino, 19 febbraio 2021

 

Avv. Mariagrazia Pellerino

Avv. Ilaria Tolio

 

Di seguito, si allega l'articolo pubblicato sulla Rivista 231: https://www.rivista231.it/Legge231/Pagina.asp?Id=1462