EMERSIONE DEI RAPPORTI DI LAVORO. DECRETO RILANCIO, REGOLARIZZAZIONE E REATI CONNESSI.

EMERSIONE DEI RAPPORTI DI LAVORO. DECRETO RILANCIO, REGOLARIZZAZIONE E REATI CONNESSI.

Argomento di grande interesse per tutti i titolari di aziende agricole, che in aggiunta ai dipendenti fissi impiegano ogni anno un numero ingente di lavoratori stagionali, anche stranieri, risulta essere la disciplina dei rapporti di lavoro e dell’ingresso e soggiorno in Italia dei lavoratori medesimi.

Tale settore è stato oggetto di un recentissimo intervento legislativo, volto a favorire l’emersione del lavoro “in nero” e la regolarizzazione dei soggetti immigrati irregolari presenti sul territorio nazionale.

Il Decreto Legge 19 maggio 2020 n. 34, cosiddetto “Decreto Rilancio”, prevede infatti all’art. 103, rubricato “Emersione dei rapporti di lavoro”, la possibilità per il datore di lavoro di dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare, tuttora in corso, con cittadini italiani o stranieri e di presentare istanza di regolarizzazione di tale rapporto, senza incorrere, in caso di accoglimento dell’istanza, in alcuna responsabilità, né di tipo penale, né amministrativo. 

Nello specifico, la disposizione risulta applicabile a settori espressamente elencati, tra i quali sono ricompresi quello dell’agricoltura, allevamento, zootecnia, pesca, acquacoltura e attività connesse. 

Essa prevede che il datore di lavoro, italiano o straniero, possa presentare l’istanza soprindicata dal 1° giugno 2020 al 15 luglio 2020, con modalità e a Enti prestabiliti in base al tipo di richiesta avanzata, versando un contributo forfettario di importo fisso per ogni rapporto per il quale si richiede la regolarizzazione. 

L’articolo citato prevede, dunque, una sanatoria nei confronti dei datori di lavoro che diano avvio alla procedura di regolarizzazione: è infatti espressamente previsto al comma 11 che “alla data di entrata in vigore del presente decreto fino alla conclusione dei procedimenti di cui ai commi 1 e 2,  sono  sospesi  i procedimenti penali e amministrativi  nei  confronti  del  datore  di lavoro e del lavoratore, rispettivamente: a) per l'impiego di lavoratori per i quali e' stata  presentata  la dichiarazione  di  emersione,  anche  se  di  carattere  finanziario, fiscale, previdenziale o assistenziale; b) per l'ingresso e il soggiorno illegale nel territorio nazionale”. 

Tale sospensione è automatica ed i procedimenti citati sono destinati all’archiviazione in caso di accoglimento dell’istanza stessa. In tale eventualità, “lo   sportello   unico   per    l'immigrazione,    verificata l'ammissibilita' della dichiarazione (…) e acquisito il parere  della  questura   sull'insussistenza   di   motivi   ostativi all'accesso  alle  procedure  ovvero  al  rilascio  del  permesso  di soggiorno, nonche' il parere del competente Ispettorato  territoriale del lavoro in ordine alla capacita' economica del datore di lavoro  e alla congruita' delle condizioni  di  lavoro  applicate,  convoca  le parti per la stipula del contratto di soggiorno, per la comunicazione obbligatoria di assunzione e  la  compilazione  della  richiesta  del permesso  di   soggiorno   per   lavoro   subordinato”.

Diversamente, i procedimenti penali o amministrativi riprenderanno il loro corso qualora l’istanza di regolarizzazione non sia presentata o non sia accolta. 

Sono previste delle cause di esclusione della predetta sospensione in relazione a procedimenti pendenti per reati particolarmente gravi quali: favoreggiamento dell’immigrazione clandestina (verso l’Italia o dall’Italia verso altri stati), riduzione o mantenimento in schiavitù o servitù, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, nonché reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite.

L’introduzione della nuova normativa in tema di emersione riporta pertanto l’accento sulla complessa normativa che sorregge i rapporti di lavoro, soprattutto se riguardanti l’impiego di lavoratori stranieri provenienti da Paesi non facenti parte dell’Unione Europea. 

E’ fatto pertanto carico al datore di lavoro di prestare grande attenzione alle disposizioni che in essa sono ricomprese, la cui violazione, oltre a illeciti amministrativi, molto spesso determina la configurabilità di illeciti penali. 

La violazione contestata con maggiore frequenza è quella di cui all’art. 22 del D. Lgs. n. 286/1998, riguardante l’impiego di lavoratori privi del prescritto permesso di soggiorno per motivi lavorativi.

Secondo l’art. 22 del D. Lgs. 286/1998, costituisce reato l’occupare alle proprie dipendenze un lavoratore straniero privo di permesso di soggiorno o con permesso scaduto (per il quale non sia stato richiesto nei termini il rinnovo), revocato o annullato. 

La sanzione prevista è la reclusione da mesi 6 ad anni 3 e la multa di € 5.000,00 per ogni lavoratore impiegato; la pena è poi aumentata da un terzo alla metà qualora i lavoratori occupati siano più di tre, siano minori in età non lavorativa o siano sottoposti alle altre condizioni di sfruttamento del lavoro indicate dall’art. 603-bis del Codice Penale.

Proprio il riferimento a tale ultima disposizione pone l’attenzione sul diverso reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, più grave del precedente e di conseguenza sanzionato più duramente (e per il quale, come detto, è esclusa la possibilità di sospensione dei procedimenti penali in corso, anche laddove sia presentata istanza di regolarizzazione del/i lavoratore/i). 

La condotta illecita, punita con la reclusione da 1 a 6 anni e con la multa da € 500,00 a € 1.000,00, consiste o nel reclutare manodopera al fine di destinarla al lavoro presso terzi in condizione di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno del soggetto, o nell’utilizzare, assumere o impiegare manodopera, anche mediante tale attività di intermediazione, sempre sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento e approfittando del loro stato di bisogno. 

La stessa norma definisce, poi, gli indici rivelatori dello sfruttamento, quali la reiterata corresponsione di retribuzioni palesemente difformi da quanto previsto dai contratti collettivi nazionali e territoriali, violazioni delle norme in materia di sicurezza e igiene sui luoghi di lavoro, nonché della normativa relativa all’orario di lavoro e ai turni di riposo o la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro o sorveglianza o alloggiative degradanti. 

Ancora la disposizione prevede una circostanza aggravante per le ipotesi nelle quali tali condotte siano poste in essere mediante violenza o minaccia, o in riferimento a più di tre lavoratori, o a lavoratori minorenni in età non lavorativa.

Per il datore di lavoro, dunque, risulta fondamentale, per evitare di incorrere nel rischio di sanzioni, verificare prima dell’assunzione, in caso di impiego di soggetti stranieri, la regolarità dei permessi di soggiorno e, in generale, le credenziali di eventuali intermediari cui si faccia affidamento; allo stesso modo è fondamentale il rispetto della normativa antinfortunistica e giuslavoristica in tema di retribuzioni, mansioni, orari e condizioni di lavoro.

 

Avv. Mariagrazia Pellerino

Avv. Daniela Altare