IL REATO DI MALVERSAZIONE E LA P.A.C.: UNA RECENTE SENTENZA DI ASSOLUZIONE DEL TRIBUNALE PENALE DI TORINO.
È sicuramente fondamentale per le aziende agricole richiedenti i premi P.A.C. sapere se i contributi comunitari debbano essere collegati a determinate attività.
Il reato di malversazione previsto dall’art. 316 bis del Codice Penale punisce chi destina dei fondi ricevuti per realizzare attività di pubblico interesse a finalità private. La sentenza del Tribunale Penale di Torino del 24 luglio 2020, emessa nell’ambito di un procedimento penale in cui le scriventi difendevano un’azienda agricola, ha affermato che tale reato non sussiste con riferimento ai premi agricoli comunitari. Il Tribunale Penale di Torino ha ritenuto che il disaccoppiamento degli aiuti comunitari, introdotto con la riforma della P.A.C. del 2003, escluda che i contributi si debbano ricevere solo se si è svolta una particolare attività agricola.
Il reato di malversazione previsto dall’art. 316 bis del Codice Penale prevede infatti la punibilità del soggetto privato che “avendo ottenuto dallo Stato o da altro ente pubblico o dalla Comunità Europea contributi, sovvenzioni o finanziamenti destinati a favorire iniziative dirette alla realizzazione di opere od allo svolgimento di attività di pubblico interesse, non li destina alle predette finalità”; chiunque ponga in essere tale condotta “è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni”.
Il presupposto della condotta malversativa è costituito dalla ricezione di contributi, sovvenzioni o finanziamenti pubblici derivanti dagli enti pubblici indicati dalla norma, connotati dalla vantaggiosità, in quanto trattasi di erogazioni a fondo perduto o, in caso di restituzione, ad onerosità attenuata, e dal vincolo di destinazione, dal momento che le somme erogate dall’Ente pagatore devono essere utilizzate per le finalità di interesse pubblico.
In proposito, è bene illustrare le premesse storiche e l’inquadramento normativo riguardanti la natura dei premi comunitari e comprendere, quindi, le finalità per le quali essi sono stati istituiti.
La Politica Agricola Comune (P.A.C.) è prevista dal Trattato Istitutivo della Comunità all’art. 39 e ha come finalità quella di sostenere il settore agricolo, migliorandone la produttività. L’Unione Europea consapevole delle molteplici contingenze economiche e climatiche che indeboliscono tale settore, ha previsto delle misure mirate a sostegno dell’agricoltura. La P.A.C. interviene in vari modi: con forme di sostegno al reddito degli agricoltori, al fine di garantire la loro stabilità reddituale; con misure di mercato che mirino a stabilizzare i mercati agricoli; oppure con misure di sviluppo rurale.
Tra le numerose riforme che hanno interessato tale settore, la più innovativa è sicuramente quella intervenuta nel 2003 con il Regolamento CE n. 1782 riguardante il disaccoppiamento degli aiuti comunitari. Il Considerando 21 statuisce infatti che “I regimi di sostegno della politica agricola comune debbano prevedere un sostegno diretto al reddito, in particolare al fine di assicurare un equo tenore di vita alla popolazione agricola. (…).”.
Sostanzialmente l’aiuto comunitario viene svincolato dall’attività produttiva e assume una funzione assistenziale di integrazione del reddito dell’agricoltore. È necessario che siano soddisfatte le condizioni per la presentazione della domanda del premio; dopodiché il premio viene erogato in favore dell’agricoltore sotto forma di pagamento unico, indipendentemente dalla produzione effettiva. Lo scopo principale di tale riforma è appunto quello di garantire una maggiore stabilità dei redditi degli agricoltori.
Il primo pilastro della P.A.C. è costituito, quindi, dagli interventi di sostegno al reddito dell’agricoltore. Tali interventi sono oggi finanziati dal fondo F.E.A.G. (Fondo Europeo Agricolo di Garanzia).
Il secondo Pilastro, invece, riguarda le politiche di sostegno allo sviluppo rurale e tali interventi sono oggi finanziati dal F.E.A.S.R. (Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale).
Dunque, la caratterizzazione degli aiuti comunitari come forme di integrazione del reddito dell’agricoltore fa venir meno la sussistenza del reato di malversazione. Tale delitto, come anticipato nelle premesse, presuppone l’aver destinato a finalità private i “contributi, sovvenzioni o finanziamenti” che siano, invece, specificatamente vincolati ad una finalità di pubblico interesse (“realizzazione di opere o svolgimento di attività di pubblico interesse”).
Tale questione è stata oggetto di una recente sentenza del Tribunale Penale di Torino del 24 luglio 2020. Nel caso di specie, l’imputato veniva rinviato a giudizio per il reato di malversazione perché destinava i premi comunitari, erogati da parte di A.R.P.EA. per conto dell’Unione Europea, al sostentamento della propria famiglia.
Tuttavia, come sostenuto dalla difesa rappresentata dalle sottoscritte, i contributi comunitari percepiti dall’imputato derivavano dal Fondo Europeo Agricolo di Garanzia (F.E.A.G.), ossia quel fondo che finanzia gli interventi di sostegno al reddito dell’agricoltore.
All’esito dell’istruttoria dibattimentale, il Tribunale, ha infatti assolto l’imputato per il reato di malversazione ritenendo fondata la tesi difensiva sostenuta dalle scriventi; in particolare, ha affermato che “lo scopo degli aiuti comunitari è infatti quello di sostenere i proprietari agricoli europei che si trovano a vendere i loro prodotti in un mercato globale i cui prezzi devono per forza essere tenuti bassi. Tanto è vero che non è previsto in alcuna disposizione di legge che il denaro ricevuto debba essere reinvestito nell’attività agricola stessa”.
Questa pronuncia, dunque, ribadisce l’essenziale funzione di sostegno al reddito degli aiuti comunitari. Di conseguenza, non integra il reato di malversazione la condotta dell’agricoltore che utilizza i contributi agricoli comunitari per realizzare un interesse privato.
Avv. Mariagrazia Pellerino
Avv. Daniela Altare