PROMOZIONE DELLA COLTIVAZIONE E DELLA FILIERA AGROINDUSTRIALE DELLA CANAPA. LE CONDOTTE LECITE ALLA LUCE DELLA LEGGE 2 DICEMBRE 2016 N. 242 E DELLA RECENTE GIURISPRUDENZA.

PROMOZIONE DELLA COLTIVAZIONE E DELLA FILIERA AGROINDUSTRIALE DELLA CANAPA. LE CONDOTTE LECITE ALLA LUCE DELLA LEGGE 2 DICEMBRE 2016 N. 242 E DELLA RECENTE GIURISPRUDENZA.

Argomento di grande interesse per l’operatore agricolo è la disciplina in materia di coltivazione della canapa (“Cannabis sativa L”) e di produzione e commercializzazione dei suoi derivati.

Nel corso degli ultimi anni tale tematica è stata oggetto di sempre maggior attenzione e, a livello sia nazionale che internazionale, si è assistito al diffondersi di movimenti per la piena legalizzazione della produzione di questa pianta.

Tale tipo di coltura non costituisce una novità per il nostro Paese: fino agli anni ’40, infatti, l’Italia risultava il secondo produttore di canapa al mondo. La produzione ha subito un brusco ridimensionamento nel periodo del “boom” economico e in seguito all’inasprirsi della lotta contro le sostanze stupefacenti.

Negli ultimi cinque anni si è registrato un ritorno a questo tipo di coltivazione, al quale sempre più aziende agricole decidono di destinare i propri terreni.

 

Dal punto di vista normativo, il c.d. “Testo Unico Stupefacenti” (D.P.R. n. 309/1990) ricomprende la Cannabis nel catalogo delle sostanze stupefacenti, sanzionando penalmente la coltivazione della pianta su tutto il territorio dello Stato e la produzione dei suoi derivati. L’unica eccezione prevista è costituita dalla coltivazione della canapa finalizzata all’ottenimento di fibre o ad altri usi industriali consentiti dalle norme dell’Unione Europea (diversi dalla produzione ad uso farmaceutico, per la quale vige una normativa separata e speciale).  

In tale contesto giuridico, si inserisce la Legge 2 dicembre 2016 n. 242. Il provvedimento riconosce la canapa come coltura in grado di contribuire notevolmente alla riduzione del consumo dei suoli, della desertificazione, della perdita di biodiversità e, in generale, dell’impatto ambientale in agricoltura. Esso, pertanto, si propone di sostenere e promuovere sia la coltivazione che la filiera di questa specie vegetale.

La Legge sopracitata sancisce la liceità, senza necessità di alcuna autorizzazione, della coltivazione di specifiche varietà di canapa, precisando le finalità cui tale coltura deve essere destinata, nonché i prodotti che da questa possono essere ottenuti.

La promozione e il sostegno vengono attuati mediante l’esclusione della preventiva autorizzazione alla coltivazione e, soprattutto, con l’annuale erogazione di incentivi economici a beneficio di tale attività.

Le varietà di canapa di cui è ammessa la produzione sono quelle iscritte nel “Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole” (previsto dall’articolo 17 della Direttiva 2002/53/CE del Consiglio del 13 giugno 2002) che non rientrano nell'ambito di applicazione della disciplina in materia di stupefacenti.

L’art. 1 della Legge n. 242/2016 prevede che il sostegno e la promozione abbiano ad oggetto la coltura della canapa volta a uno dei seguenti fini: coltivazione e trasformazione delle specie ammesse; incentivazione dell'impiego e del consumo finale di semilavorati di canapa provenienti da filiere prioritariamente locali; sviluppo di filiere territoriali integrate che valorizzino i risultati della ricerca e perseguano l'integrazione locale e la reale sostenibilità economica e ambientale; produzione di alimenti, cosmetici, materie prime biodegradabili e semilavorati innovativi per le industrie di diversi settori; realizzazione di opere di bioingegneria, di bonifica dei terreni, nonché di attività didattiche e di ricerca.

Alla luce di tali finalità, la Legge (art. 2) elenca le sette categorie di prodotti delle quali è consentito l’ottenimento dalle piante di canapa:

 

- alimenti e cosmetici prodotti esclusivamente nel rispetto delle discipline dei rispettivi settori;

- semilavorati, quali fibra, canapulo, polveri, cippato, oli o carburanti, per forniture alle industrie e alle attività artigianali di diversi settori, compreso quello energetico;

- materiale destinato alla pratica del sovescio;

- materiale organico destinato ai lavori di bioingegneria o prodotti utili per la bioedilizia;

- materiale finalizzato alla fitodepurazione per la bonifica di siti inquinati;

- coltivazioni dedicate alle attività didattiche e dimostrative nonché di ricerca da parte di istituti pubblici o privati;

- coltivazioni destinate al florovivaismo.

 

La Legge in esame attribuisce al Corpo Forestale dello Stato il potere di effettuare sulle coltivazioni i controlli necessari per verificare che il quantitativo di tetraidrocannabinolo (THC – il principale componente psicotropo della pianta) rispetti i valori previsti dalla normativa europea e nazionale.

L’importanza della coltura della canapa per le finalità sopraelencate ha, tuttavia, portato il Legislatore a escludere l’applicazione a tale attività delle disposizioni in materia di stupefacenti e, di conseguenza, la configurabilità a carico dell’agricoltore di una responsabilità penale in caso di violazione dei suddetti valori di THC.

Infatti, è unicamente previsto che l’Autorità Giudiziaria possa procedere al sequestro o alla distruzione delle coltivazioni qualora venga accertato un quantitativo di THC superiore allo 0,6%; anche in questa ipotesi, tuttavia, l’agricoltore, pur subendo tale sanzione, non incorre in alcuna responsabilità.

 

È quindi importante che l’operatore agricolo, che abbia deciso di investire in tale attività, si accerti di rispettare esattamente quanto disposto dalla menzionata disciplina.

Fino al 2019 tale adempimento risultava, però, particolarmente complesso, dal momento che sin dalla sua introduzione la Legge n. 242/2016 aveva generato dubbi in merito all’ambito di applicazione.

Tali dubbi sono stati risolti dall’intervento delle Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione. La Sentenza del 10.07.2019 n. 30475 ha chiarito che, ai sensi della L. n. 242/2016, è lecita solo la coltivazione delle varietà di canapa ricomprese nel Catalogo europeo e per le finalità espressamente indicate dalla medesima Legge.

Inoltre, la stessa Sentenza ha precisato che dalle coltivazioni di Cannabis sativa L è possibile ottenere esclusivamente le sette categorie di prodotti individuate dal Legislatore e sopra riportate.  

La coltivazione di varietà differenti di canapa, il perseguimento di altre finalità, nonché la produzione e commercializzazione di qualsiasi derivato diverso da quelli indicati all’art. 2 L. n. 242/2016, indipendentemente dal contenuto di THC, non sono, pertanto, ammessi dal nostro Ordinamento e risultano idonei a configurare in capo al soggetto agente una responsabilità penale ai sensi delle norme del Testo Unico Stupefacenti.  

Alla luce di questi chiarimenti giurisprudenziali, risulta fondamentale ribadire che, ai fini di non incorrere in una fattispecie di reato, l’agricoltore non deve eccedere in alcun modo i limiti imposti dalla L. n. 242/2016.

 

Quella sin qui esposta è la situazione giuridica attuale. Come si è detto, tuttavia, la tematica in trattazione è un argomento in “fermento”, la cui normativa è in continua evoluzione.

È da segnalare, infatti, la pronuncia della Corte di Giustizia Europea dello scorso novembre che ha sancito (causa C-663/18) il divieto per uno Stato membro di impedire la commercializzazione del cannabidiolo (CBD, il maggior componente non psicotropo della Cannabis) legalmente prodotto in un altro Stato membro, qualora sia stato estratto dalla pianta nella sua interezza e non solo dalle sue fibre o semi.

Anche la Proposta di Legge Regionale Piemontese del 18 giungo 2020 n. 98 “Sostegno alla coltura della canapa (Cannabis sativa L) e alle relative filiere produttive” evidenzia una maggiore apertura nei confronti della coltivazione della canapa.

Sarà cura dello Studio monitorare l’evoluzione della normativa per fornire tempestivamente agli addetti del settore le informazioni più aggiornate.

 

 

 

Avv. Mariagrazia Pellerino

Avv. Daniela Altare