REATI DELLE IMPRESE AGRICOLE: LE RECENTI NOVITÀ INTRODOTTE IN MATERIA DI IGIENE E ALIMENTI AD OPERA DEL D.LGS. 27/2021.
Di notevole interesse per gli operatori del settore agroalimentare risultano essere le recenti modifiche introdotte dal d.lgs. 2 febbraio 2021, n. 27, emanato per l’adeguamento e l’armonizzazione delle disposizioni nazionali vigenti alla nuova disciplina sui controlli ufficiali di cui al Regolamento (UE) 2017/625 (in tema di salute umana e benessere degli animali). Destinatarie delle nuove norme sono tutte le aziende di alimenti e mangimi, dai produttori primari ai rivenditori al dettaglio e ai ristoratori, e ancora su selezionatori, coltivatori, allevatori e commercianti di animali e piante.
Il decreto, nelle sue prime previsioni, individua le finalità perseguite (art. 1), le autorità competenti (art. 2) e definisce il Piano di controllo nazionale pluriennale, soffermandosi poi sui controlli ufficiali cui sono tenuti predette Autorità. Tali controlli sono finalizzati ad accertare e contestare eventuali non conformità nei seguenti settori: alimenti e sicurezza alimentare, mangimi e sicurezza dei mangimi, salute e benessere degli animali, sottoprodotti di origine animale e derivati, immissione in commercio e uso dei prodotti fitosanitari.
Sono inoltre previsti degli obblighi in capo all’Operatore dei settori di cui sopra, il quale, durante l’attività ispettiva svolta dai Pubblici Ufficiali, deve garantire il libero accesso ai locali nonché fornire le adeguate comunicazioni. Si tratta dunque di un dovere di collaborazione.
Due aspetti normativi di rilievo riguardano l’istituto della controperizia (art. 7) e la successiva ipotesi della controversia tra le autorità competenti e gli Operatori (art.8). Tali istituti consentono infatti agli Operatori di sottoporre gli esiti di non conformità rilasciati dalle Autorità Competenti ad un’ulteriore valutazione.
Nella controperizia l’autorità procedente, qualora sia opportuno, pertinente e tecnicamente fattibile, deve assicurare che nel prelevamento del campione, ne sia prelevata una quantità sufficiente per rendere disponibili tutte le aliquote necessarie, ossia 3. La prima aliquota è destinata ai laboratori ufficiali per l’effettuazione delle analisi; la seconda all’Operatore, il quale, a sue spese, potrà destinarla a controperizia e la terza per l’eventuale analisi di riesame, sempre a spese dell’Operatore. È fatta salva la facoltà per l’Operatore di formulare, già nella fase di campionamento, la propria rinuncia espressa, da mettere a verbale, di controperizia e riesame.
In particolare, l’Operatore destinatario di campionamento con esito sfavorevole può, alternativamente: chiedere, a proprie spese, nel termine di 15 giorni dalla comunicazione del rapporto di prova, un esame documentale da parte di un incaricato di fiducia di tutte le operazioni inerenti alle attività condotte al momento del campionamento; oppure richiedere, sempre a sue spese, l’analisi dell’aliquota in suo possesso presso un laboratorio accreditato.
Dopo aver attivato la procedura della controperizia, l’Operatore che non condivida le valutazioni dell’autorità competente in merito alla non conformità e che dunque non condivida le contestazioni addebitategli “può attivare entro il termine perentorio di 30 giorni dal ricevimento della comunicazione dell’esito sfavorevole, la procedura di controversia, richiedendo all’autorità competente di poter far effettuare, a proprie spese, il riesame della documentazione relativa alle analisi, prova o diagnosi iniziale da parte dell’Istituto superiore di sanità (ISS)”. L’Istituto si esprime nel termine di 30 giorni dal ricevimento della documentazione, trasmettendo l’esito degli accertamenti documentali. Dalla ricezione di tale valutazione decorrono ulteriori 30 giorni per l’Operatore, il quale può, a sue spese, richiedere allo stesso ISS un’altra analisi, prova o diagnosi, utilizzando eventualmente l’aliquota del campione di cui è a disposizione. L’ISS deve nel termine di 60 giorni dalla ricezione dell’istanza, notificare all’Operatore gli esiti della ripetizione dell’analisi prova o diagnosi effettuata.
Trattasi dunque di strumenti offerti all’Operatore destinatario del controllo a tutela del contraddittorio e della possibilità di intervenire nel procedimento di controllo.
Di particolare rilievo risulta essere poi l’articolo 18 di tale decreto, che prevede la abrogazione di diverse disposizioni di Legge.
Tra queste, l’art. 18 prevedeva (nella versione originaria) l’abrogazione delle disposizioni contenute nella Legge 283 del 1962 sulla “Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande”, facendo salvi esclusivamente gli artt. 7, 10 e 22 (prevedenti ipotesi residuali di illeciti).
Dunque, l’abrogazione riguardava in partenza anche le previsioni sanzionatorie di cui all’art. 5 della legge 283/62, norma di riferimento per la prevenzione e la repressione dei reati alimentari. Tale disposizione punisce, infatti, la condotta di chi impiega, vende o somministra sostanze alimentari e bevande in cattivo stato di conservazione, adulterati, invasi da cariche microbiche superiori ai limiti consentiti, insudiciate e nocive.
Accanto alle sanzioni principali di arresto e ammenda, gli artt. 6, 12 e 12 bis della L. 283/62 stabiliscono, a carico del trasgressore, anche sanzioni accessorie come la chiusura dello stabilimento o la revoca della licenza.
L’intervento abolitivo ha tuttavia suscitato molte perplessità, ponendosi in controtendenza non solo rispetto alle politiche europee ma anche a quelle nazionali e rischiando di creare un vuoto di tutela per i consumatori e gli Operatori rispettosi ed attenti alla sicurezza alimentare.
Basti pensare alla circostanza che è attualmente in discussione in Parlamento un disegno di legge proprio sulla ridefinizione sistematica degli illeciti alimentari; lo scopo di tale disegno di legge consiste nel prevedere un rafforzamento degli strumenti sanzionatori, intendendo anche introdurre nuove fattispecie delittuose all’interno dell’articolo 5 della Legge 283/62.
A fronte di ciò, infine, il Governo ha pertanto emanato d’urgenza il Decreto-Legge n. 42 del 2021, escludendo dall’elenco delle disposizioni abrogate l’articolo 5 della L. 283/1962, le cui disposizioni sanzionatorie penali rimangono pertanto in vigore.
Si ribadisce dunque l’importanza, per l’imprenditore che operi nel settore agroalimentare, del rispetto delle regole stabilite in tema di sicurezza alimentare e, in particolare, dalla Legge 283 del 1962, ancora in vigore, al fine di non incorrere in una sanzione penale.
Si ricorda infatti che i contravventori alle disposizioni di cui all’articolo 5 sono puniti con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda da € 309 a € 30.987.
Sanzioni più severe sono previste inoltre nel caso in cui vengano impiegate o vendute sostanze alimentari in stato di alterazione o comunque nocive, ovvero sottoposte a trattamenti atti a mascherare un preesistente stato di alterazione; oppure nel caso in cui contengano residui di prodotti utilizzati in agricoltura per la protezione delle piante e a difesa delle sostanze alimentari immagazzinate, tossici per l'uomo. In tali ipotesi, si applica la pena dell'arresto da tre mesi ad un anno o dell'ammenda da € 2.582 a € 46.481.
Avv. Mariagrazia Pellerino
Avv. Daniela Altare