REATI IMPRESE AGRICOLE: LE EMISSIONE ODORIGENE. CONFIGURABILE IL CONCORSO TRA LA CONTRAVVENZIONE EX ART. 279 DEL D.LGS. 152/2006 E IL REATO DI CUI ALL'ART. 674 C.P. SE L’EMISSIONI OLFATTIVE RISULTANO MOLESTE PER LE PERSONE.
Argomento di notevole interesse per le aziende agricole risulta essere il tema delle emissioni odorigene connesse allo svolgimento delle attività, sanzionabili sia in base alle norme ambientali sia in base al Codice Penale.
Le emissioni odorigene sono disciplinate dall’art. 272 bis del D.Lgs. 152/2006, introdotto dal D.Lgs. 183/2017 in attuazione della Direttiva 2015/2193/UE sulle emissioni in atmosfera di inquinanti quali il monossido di carbonio, il biossido di zolfo, gli ossidi di azoto e le polveri da impianti da combustione.
Il D.Lgs. 102/2020 ha introdotto una nuova nozione di emissioni odorigene all’art. 268, co. 1, lett. f-bis del D.Lgs. 152/2006, definendole come “emissioni convogliate o diffuse aventi effetti di natura odorigena”.
L’art. 272 bis del Testo Unico Ambiente ha istituito un sistema normativo binario: le emissioni odorigene sono regolamentate dalla normativa regionale ovvero dalle autorizzazioni rilasciate dall’Ente territoriale competente.
La violazione dei valori limite stabiliti dall’autorizzazione (o dalla normativa ambientale in casi specifici) configura la contravvenzione di cui all’art. 279, co. 2 del D.Lgs. 152\2006. Tale condotta, ai sensi di suddetta norma, è punita con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda fino a 10.000 euro. Laddove invece la violazione attenga ad altre prescrizioni (diverse quindi dai valori limite), il comma 2 bis del medesimo articolo dispone l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 10.000 euro, alla cui irrogazione provvede l'autorità competente.
Con riferimento alla normativa regionale, la Regione Piemonte, con la Deliberazione della Giunta regionale n. 13-4554 del 9 gennaio 2017, ha introdotto le Linee guida per la caratterizzazione e il contenimento delle emissioni in atmosfera provenienti dalle attività ad impatto odorigeno, determinate sulla base della Legge regionale 43/2000, titolata “Disposizioni per la tutela dell’ambiente in materia di inquinamento atmosferico. Prima attuazione del Piano regionale per il risanamento e la tutela della qualità dell’aria”.
Parallelamente, il Codice Penale all’art. 674 prevede il reato di “Getto pericoloso di cose”.
La disposizione prevede che “Chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti, è punito con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda fino a duecentosei euro”.
Tale norma è stata oggetto di un lungo dibattito giurisprudenziale in ragione della sua formulazione generica che la rende applicabile in diversi ambiti, tra i quali quelli da cui derivi un impatto ambientale come l’inquinamento idrico e atmosferico oltre che le cd. molestie olfattive di cui qui si tratta.
È reato di pericolo il cui bene giuridico tutelato è l’incolumità pubblica e la giurisprudenza di legittimità ha infatti incluso tra le “emissioni” di cui alla seconda parte dell’art. 674 C.P. anche gli odori (sul punto si veda https://www.studiolegalepellerino.it/azienda-agricola-ed-emissioni-di-fumi-polveri-e-rumore-il-reato-di-getto-pericoloso-di-cose).
In proposito, la Corte di Cassazione è di recente intervenuta sul tema della configurabilità del concorso formale tra il reato di cui all'art. 674 c.p. e le norme speciali in materia Ambientale, sub species art. 279 co. 2 del D. Lgs. 152/2006 (cfr. Cass. Pen., Sez. III, Sentenza n. 20204 del 21 maggio 2021).
Nel caso di specie, veniva contestata ad una Azienda Agricola la contravvenzione di cui all'art. 256, comma 1, lett. a) d.lgs. 152/2006 per lo smaltimento illecito di tonnellate di fanghi, ricevuti da una Società terza in forza di apposita autorizzazione della provincia per la produzione di ammendante per agricoltura (da compiersi attraverso l'essiccazione dei fanghi e la miscelazione con i residui della frantumazione di inerti), fanghi ritenuti ancora qualificabili come rifiuto e non ammendante al momento del loro sversamento in tre terreni, nonché il reato di cui all’art. 674 c.p., per la diffusione nell'aria di emissioni odorose nauseabonde provocate con la ricezione, il trattamento e la custodia dei fanghi di depurazione .
La Suprema Corte, innanzitutto, riteneva configurabile, in presenza di una attività esercitata previa autorizzazione che comprenda anche le misure di cui all'art. 272 bis, la contravvenzione di cui al secondo comma dell'art. 279 del D.Lgs. 152/2006, nel caso in cui vi sia la violazione dei valori limite di emissione.
Inoltre, con riferimento al rapporto intercorrente tra la disposizione dell’art. 674, c.p. e quella contenuta nell’art. 279, comma 2 del D.Lgs. 152/2006, la Corte di riteneva configurabile il concorso formale tra le due norme sostenendo che non vi fosse tra di esse un rapporto di specialità poiché tutelanti beni giuridici diversi.
Da un lato, l’art. 272 bis del D.Lgs. 152/2006 tutela la qualità dell’aria; dall’altro, come visto, il bene giuridico tutelato dall’art. 674 c.p. è la tranquillità del vivere delle persone, sulla quale le emissioni odorigene possono impattare negativamente anche qualora non vi sia la prova oggettiva di un rischio per la loro salute.
Richiamando quanto precisato dalla Suprema Corte “è possibile il concorso con il reato di cui all’art. 674 c.p., stante la diversità delle condotte sanzionate e l’oggetto della tutela, pur dovendosi distinguere, al fine di definire il concetto di "molestia" che integra la contravvenzione (di cui all’art. 279 co. 2 TUA), tra attività produttiva svolta in assenza dell'autorizzazione dell'autorità preposta, per la quale il contrasto con gli interessi tutelati va valutato secondo criteri di “stretta tollerabilità” e quella esercitata in conformità all'autorizzazione e senza superamento dei limiti consentiti, per la quale si deve far riferimento alla "normale tollerabilità" delle persone, che si ricava dall'art. 844 cod. civ. e che ricorre sempre che l'azienda abbia adottato gli accorgimenti tecnici ragionevolmente utilizzabili per abbattere l'impatto delle emissioni.” (Cass. Pen., Sez. III, Sentenza n. 20204 del 21 maggio 2021).
Pertanto, è fondamentale per l’operatore agricolo osservare la normativa ambientale in materia di emissioni, al fine di evitare le ripercussioni sanzionatorie, anche penali, che eventuali violazioni potrebbero determinare.
Avv. Mariagrazia Pellerino
Avv. Daniela Altare