TUTELA RAFFORZATA PER LE IMPRESE OPERANTI NEL SETTORE AGROALIMENTARE: INTRODOTTA LA POSSIBILITA’ DI DENUNCIARE PRATICHE COMMERCIALI SLEALI

TUTELA RAFFORZATA PER LE IMPRESE OPERANTI NEL SETTORE AGROALIMENTARE: INTRODOTTA LA POSSIBILITA’ DI DENUNCIARE PRATICHE COMMERCIALI SLEALI

Recenti novità, di notevole interesse per gli operatori del settore agroalimentare, sono state introdotte ad opera della Legge 22 aprile 2021, n. 53 in attuazione della Direttiva UE 2019/633 in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera agricola. La finalità della Direttiva Europea, e di conseguenza della Legge di attuazione, è quella di evitare che gli squilibri nel potere contrattuale, purtroppo esistenti tra fornitori e acquirenti di prodotti agricoli e alimentari, possano generare pratiche commerciali sleali. Come si legge nel Considerando 1 della Direttiva tali prassi sleali potrebbero, infatti, verificarsi nel momento in cui “i partner commerciali più grandi cerchino di imporre pratiche e accordi contrattuali a proprio vantaggio relativamente ad una operazioni di vendita.”

Sempre nelle premesse, viene evidenziato come, nel settore agroalimentare, i danni provocati dalle pratiche commerciali sleali si ripercuotano non solo sulle Piccole e medie imprese agroalimentari ma anche sui produttori agricoli più grandi con fatturato annuale anche sino a 350milioni di euro.

Le misure previste dalla Direttiva Europea potrebbero rafforzare, inoltre, la tutela del Made in Italy, posto che lungo la filiera agroalimentare operano numerose imprese presenti sul nostro territorio.

 

Adeguandosi ai principi e ai criteri direttivi specifici della Direttiva, la Legge in commento prevede, all’art. 7 che, a prescindere dal fatturato aziendale, e dunque delle dimensioni dell’impresa, devono essere definiti “principi generali di buone pratiche commerciali di trasparenza, buona fede, correttezza, proporzionalità e reciproca corrispettività elle prestazione a cui gli acquirenti di prodotti agricoli e alimentari devono attenersi prima, durante e dopo la istaurazione di relazioni commerciali”. Dalla corretta applicazione di tale principio potrebbe discendere un divieto ai grandi partner commerciali della filiera di imporre sulle merci prezzi inferiori ai costi di produzione o, comunque, non sufficientemente remunerativi per i produttori agroalimentari.

Tra le disposizioni che mirano a tutelare la corrispettività delle prestazioni tra acquirenti e produttori agricoli, la lettera d) del citato articolo 7, prevede che i contratti di cessione dei prodotti agricoli e alimentari, fatti salvi quelli conclusi con il consumatore o le cessioni con contestuale consegna e pagamento del prezzo pattuito, siano stipulati obbligatoriamente in forma scritta e prima della consegna.

Sono fatte salve le condizioni contrattuali, comprese quelle relative ai prezzi, definite nell’ambito di accordi-quadro nazionali aventi ad oggetto la fornitura dei prodotti agricoli e alimentari stipulati dalle Organizzazioni professionali maggiormente rappresentative a livello nazionale. Ciò viene stabilito anche a beneficio dei produttori isolati, che non facciano parte di una Associazione di categoria, favorendone l’aggregazione.

 

Viene indicata come pratica commerciale sleale, dunque vietata, la vendita di prodotti agricoli e alimentari mediante il ricorso a gare ed aste elettroniche qualora siano a doppio ribasso, nonché la vendita di prodotti agricoli e alimentari che determinino condizioni contrattuali eccessivamente gravosi, ivi compresa quella di vendere a prezzi inferiori rispetto al costo di produzione del prodotto agricolo o alimentare. A tal fine è necessario che vengano definiti le condizioni, gli ambiti di applicazione nonché i limiti di utilizzabilità del mercato elettronico. Il legislatore mira a salvaguardare il mercato elettronico, importante strumento per l’apertura dei mercati ed il loro ampliamento a livello nazionale, evitando che i partner commerciali più grandi stabiliscano concordemente prezzi a ribasso a danno dei produttori agricoli.

 

Al fine di scongiurare tali prassi vietate, la Legge 53/2021 prevede la possibilità per i singoli operatori, le imprese o le Associazioni e Organismi di rappresentanza delle imprese produttrici di prodotti agroalimentari di denunciare in modo anonimo le potenziali pratiche sleali.

Accanto a tale strumento, la Legge prevede la possibilità di ricorrere a meccanismi di mediazione o di risoluzione alternativa alla controversia finalizzati alla risoluzione delle controversie senza dover ricorrere alla denuncia.

 

Sempre all’interno di una politica di contrasto alle pratiche commerciali sleali, viene individuata la figura istituzionale dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione fronti dei prodotti agroalimentari (ICQFR) quale ente competente rispetto all’attività di vigilanza sull’applicazione delle norme che regolamentano le relazioni commerciali in materia di cessione di prodotti agricoli alimentari, all’applicazione dei divieti stabiliti dalla direttiva e delle relative sanzioni. L’ispettorato, per il compimento di tali attività, può servirsi dell’Arma dei Carabinieri, e in particolare del Comando per la tutela agroalimentare, oltre che della Guardia di Finanza.

Infine, per quanto riguarda l’aspetto sanzionatorio, la lettera m) dell’articolo 7 prevede l’introduzione di sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive ai sensi dell’art. 6, par. 1, secondo comma, della Direttiva 633/2019, entro il limite massimo del 10 per cento del fatturato realizzato nell’ultimo esercizio precedente all’accertamento.

 

Si ritiene pertanto che quanto illustrato costituisca un intervento degno di nota ed interesse quale strumento di tutela del settore agroalimentare, dove le misure preventive dei vincoli nella contrattazione e del sistema di denuncia anonima assumeranno incidenza maggiormente decisiva sull’impedimento di pratiche sleali, rispetto all’impianto sanzionatorio, il quale necessariamente interviene ad illecito già commesso, potendo semmai operare da deterrente per il futuro.

 

Avv. Mariagrazia Pellerino

Avv. Daniela Altare